Skripal Archivi - OGzero https://ogzero.org/tag/skripal/ geopolitica etc Tue, 26 Oct 2021 11:41:13 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.4.6 Variante turca nella recrudescenza dei bagliori della Guerra Fredda 2.0 https://ogzero.org/variante-turca-in-un-bagliore-di-guerra-fredda-2-0/ Tue, 26 Oct 2021 11:41:13 +0000 https://ogzero.org/?p=5237 Una rinnovata intensa attività dell’intelligence mondiale (con la variante turca) ha allarmato ultimamente gli esperti di spionaggio. In particolare decisioni di pubblico dominio, come il dimezzamento dei rappresentanti russi nell’ufficio di collaborazione tra Nato e Russia – indicati come agenti sotto copertura –, s’intrecciano con manovre più nascoste che preludono a un muscolare confronto militare […]

L'articolo Variante turca nella recrudescenza dei bagliori della Guerra Fredda 2.0 proviene da OGzero.

]]>
Una rinnovata intensa attività dell’intelligence mondiale (con la variante turca) ha allarmato ultimamente gli esperti di spionaggio. In particolare decisioni di pubblico dominio, come il dimezzamento dei rappresentanti russi nell’ufficio di collaborazione tra Nato e Russia – indicati come agenti sotto copertura –, s’intrecciano con manovre più nascoste che preludono a un muscolare confronto militare e dunque a operazioni di spionaggio di cui i più raffinati analisti si stanno occupando per rilevare indiscrezioni e metterle in fila nel tentativo di restituire un quadro più chiaro dell’intricato mosaico che si va disegnando sullo scacchiere internazionale. Tutto ciò capita in occasione dell’uscita del primo volume frutto degli approfondimenti di OGzero, La spada e lo scudo, scritto per noi da Yurii Colombo per tentare di chiarire storia, modalità e tensioni interne ed esterne ai servizi segreti russi.

ACQUISTALO QUI!

Questo articolo va a illustrare il doppio binario su cui si trovano a lavorare i servizi russi: l’offensiva occidentale volta a ridimensionare l’influenza di Mosca sui paesi ai confini europei all’indomani del ritiro dall’Afghanistan sta producendo un piano di contenimento e difesa globale per l’area europea nel caso di attacco russo (il primo dopo la fine della Guerra Fredda). Contemporaneamente i servizi si trovano ad affrontare un rinnovato attivismo del controspionaggio turco che ha a sua volta operato arresti di agenti russi, che tradizionalmente stanziano a Istanbul con l’incarico di individuare ed eliminare i leader ceceni; arresti riconducibili all’epilogo della Guerra siriana con lo sgombero degli alleati turchi da Idlib, ma che collocano i servizi di Ankara in una posizione di battitore semilibero, in opposizione e collegato da accordi sia con l’Occidente (la Nato) sia con la Russia (Astana, non ancora messa in soffitta).


Tensioni tra apparati spionistici, preludio di confronti militari?

Lo scontro tra Russia e i paesi della Nato, con la recentissima sospensione delle reciproche rappresentanze a Mosca e Bruxelles è entrata in una nuova fase. Dal 1° novembre infatti la Federazione ha sospeso ufficialmente la sua rappresentanza presso la Nato e contemporaneamente ha posto sotto sfratto l’ufficio informazioni dell’Alleanza a Mosca. A partire da quella data – come ha ricordato il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov – per i contatti con Mosca, la Nato dovrà rivolgersi all’ambasciatore russo in Belgio. La decisione del Cremlino è giunta come reazione alla decisione della Alleanza Atlantica di ridurre da 20 a 10 i membri della rappresentanza russa a Bruxelles, rendendo impossibile di fatto l’operatività dell’ufficio. La rappresentanza russa era già stata ridotta da 30 a 20 funzionari ai tempi del caso Skripal [il tema è stato sviluppato dall’estensore dell’articolo nel volume La spada e lo scudo]; otto dei dieci funzionari russi rispediti a casa, sarebbero una ritorsione per il presunto coinvolgimento del Gru (i Servizi russi militari per l’attività all’estero) in un attentato contro un deposito di munizioni nella Repubblica Ceca del 2014 [anche per questo episodio si trovano approfondimenti nel volume La spada e lo scudo] anche se il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg ha sostenuto che «non esiste un motivo particolare per le espulsioni dei diplomatici russi», rimandandole semplicemente alla perdurante politica aggressiva russa in Europa.

«La politica della Nato nei confronti della Russia rimane coerente. Abbiamo rafforzato la nostra deterrenza e difesa in risposta alle azioni aggressive della Russia, mentre allo stesso tempo rimaniamo aperti per un dialogo significativo» ha dichiarato a Sky News un funzionario della Nato.

La ricostruzione di Bellingcat dell’attentato del 2014.

Il difficile equilibrio caucasico indispensabile per Mosca

Mosca, dal canto suo, si sente sempre più accerchiata e non si può dire che questa percezione possa essere semplicemente derubricata alla voce “vittimismo” (anche se il Cremlino ha dimostrato di soffrirne talvolta). Le vicende del recente passato, l’addio quasi definitivo della Moldavia dall’area d’influenza russa (il governo filoccidentale di Chişinău comunque è tornato dopo l’esplosione dei prezzi degli idrocarburi di quest’autunno a chiedere con il cappello in mano a Putin gas a prezzi calmierati), la faglia bielorussa e l’instabile alleanza con l’Armenia, impongono alla Russia la massima vigilanza.

Il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov ha affermato con nettezza che la decisione della Nato di espellere i diplomatici russi e le accuse di “attività ostili” hanno completamente minato le prospettive di normalizzazione delle relazioni e di ripresa del dialogo.

Il ministro della difesa russo Sergej Šoigu ha aggiunto – a muso duro – come «l’attuazione del piano di “contenimento” della Nato in Afghanistan è finito in un disastro, che tutto il mondo sta ora affrontando» e ha voluto ricordare a Berlino come andò a finire l’ultima volta che la Germania cercò di trovare uno “spazio vitale” a est.

«Sullo sfondo delle richieste di una deterrenza militare della Russia, la Nato sta costantemente sospingendo le proprie forze verso i nostri confini. Il ministro della difesa tedesco dovrebbe sapere molto bene come nel passato ciò si concluse per la Germania e l’Europa», ha sottolineato il ministro della difesa russo.

Quest’ultima dichiarazione è giunta dopo che il ministro della Difesa tedesco Annegret Kramp-Karrenbauer, il 21 ottobre, alla domanda se la Nato stesse contemplando scenari di dissuasione della Russia per le regioni del Baltico e del Mar Nero, anche nello spazio aereo con armi nucleari, ha risposto che dovrebbe essere reso molto chiaro alla Russia che anche i paesi occidentali sono pronti a usare tali mezzi. I media tedeschi hanno anche riferito che la Nato si starebbe preparando per un conflitto con la Russia. Il piano di difesa della alleanza occidentale avrebbe definito perimetri e parametri su come replicare a possibili attacchi dalla Russia e alla minaccia terroristica. Un tale piano – se confermato – rappresenterebbe una vera novità visto che tali ipotesi dopo il crollo del muro di Berlino erano stati messi in soffitta, ha fatto rilevare la “Suddeutsche Zeitung”. Del resto come sottolinea il portale russo “Vzglyad” già un mesetto prima, il 22 settembre 2021, i ministri della difesa della Nato avevano firmato un accordo per un fondo tecnologico militare da 1 miliardo di euro. Secondo la Nato questo piano di difesa rappresenta anche una risposta alla decisione di Mosca di mettere in cantiere la produzione di nuove armi nucleari a medio raggio e sviluppare nuovi sistemi d’arma. Le forze armate russe avrebbero persino recentemente testato i robot da combattimento nelle esercitazioni, lavorando all’uso dell’intelligenza artificiale in campo militare e sull’aggiornamento dei sistemi spaziali.

In questo quadro «I ministri della difesa della Nato a Bruxelles hanno adottato giovedì un nuovo piano di difesa globale per l’area europea e nordatlantica dell’alleanza. In esso l’alleanza occidentale definisce come risponderà a possibili attacchi dalla Russia, così come la minaccia del terrorismo in corso. È il primo piano globale di questo tipo dalla fine della Guerra Fredda: copre scenari che vanno da attacchi militari convenzionali e guerra ibrida ad attacchi informatici e disinformazione, così come combinazioni e attacchi simultanei, per esempio nelle regioni del Baltico e del Mar Nero», ha sostenuto Paul-Anton Krueger in un intervento su “RIA Novosti”.

Nave da ricognizione russa nel mar baltico (foto Adriana_R / Shutterstock).

Segnali di riposizionamenti geopolitici dietro il controspionaggio turco

A complicare lo scenario per la Russia, c’è l’attivismo sul piano del confronto spionistico della Turchia, sempre più battitore libero e sempre meno affidabile alleato della Nato. L’8 ottobre a Istanbul (ma la notizia è stata divulgata solo il 22 ottobre) sono state arrestate sei persone accusate di essere agenti dei servizi di intelligence russa. Si tratta di quattro cittadini russi – Abdulla Abdullayev, Ravshan Akhmedov, Beslan Rasaev e Aslanbek Abdulmuslimov – oltre a un cittadino ucraino, Igor Efrim, e un cittadino uzbeko, Amir Yusupov. Il gruppo è accusato di aver violato l’articolo 328 del codice penale turco (“spionaggio politico o militare”), e ora rischiano da 15 a 20 anni di prigionia. Secondo Giancarlo Elia Valori in un articolo pubblicato sul portale “Le Formiche”. L’offensiva ottomana nei confronti della Russia sarebbe da rimandare a un rinnovato asse tra Erdoğan e il consigliere per la sicurezza nazionale degli Emirati arabi uniti, Tahnun bin Zayed al-Nahyan. Secondo Valori, ci sarebbe «voglia di voltare pagina su otto anni di gelide relazioni, cristallizzate dal rovesciamento nel 2013 dell’egiziano Mohamed Morsi, un membro dei Fratelli Musulmani vicino alla Turchia e fermamente osteggiato dagli Emirati Arabi Uniti». In realtà, come rileva il giornale russo “Gazeta.ru”, oggi forse la voce più vicina al Cremlino, il nucleo di intelligence (che sarebbe stato trovato in possesso anche di armi e passaporti falsi) stava lavorando al fine di eliminare alcuni rappresentanti dell’“opposizione cecena” rifugiatisi in Turchia. Ricordiamo che già negli ultimi anni alcuni dei più noti oppositori al regime di Kadyrov a Grozny erano stati oggetti di misteriosi attentati in Germania e in Austria.

Ciò che sorprende in questa vicenda è che per ora il governo di Ankara non ha confermato la notizia e tutte le informazioni provengono dall’agenzia “Anadolu”, anche se il ministero degli esteri russo ha di fatto confermato gli arresti. Una fonte anonima di “Gazeta.ru” sostiene che al centro dell’operazione del controspionaggio turco ci sarebbe in realtà il tentativo della Russia, dopo le sconfitte micidiali degli armeni nei cieli durante la guerra con gli azeri dello scorso anno, di raccogliere informazioni dettagliate sui droni Bayraktar TB2, così come altri nuovi progetti riguardanti altri tipi di armi avanzate. Va ricordato però che questa crisi tra i due paesi non è un temporale scoppiato a ciel sereno. Come abbiamo già rilevato in altri nostri pezzi scritti per OGzero, dopo Astana i rapporti tra Russia e Turchia hanno continuato a volgere al brutto. All’inizio di ottobre, il capo della diplomazia turca Mevlüt Çavuşoğlu è intervenuto al Forum sulla sicurezza di Varsavia ribadendo necessità di sostenere l’Ucraina nel suo tentativo di entrare nella Nato. Inoltre, si è venuto a sapere in quell’occasione che i militari turchi starebbero addestrando i loro colleghi ucraini in tattiche di guerriglia urbana e secondo l’agenzia di stampa siriana “Sana”, ulteriori unità dell’esercito turco sono state spostate nella provincia siriana di Idlib e si parla insistentemente di una possibile operazione militare contro i paramilitari curdi a Tel Rifat.

I droniBayractar TB2

«A causa di ciò che sta accadendo a Idlib, Turchia e Russia stanno iniziando ad avere ulteriori attriti, ulteriori problemi». Questo è già successo in passato, ha commentato l’analista politico Yashar Niyazbayev: i rapporti dei media turchi «inizialmente suonavano – ha dichiarato – più come una gaffe informativa che come spiegazioni intelligibili in relazione alle spie russe».

La versione che l’arresto dei sei a Istanbul sia da rimandare a possibili omicidi politici contro ex oppositori ceceni è messa in discussione da Ivan Starodubtsev, un esperto di Turchia, autore del libro Russia-Turchia: 500 anni di vicinato tormentato il quale sul suo canale Telegram ha affermato: «deve essere innanzitutto una questione di possesso illegale di armi». Starodubtsev si dice convinto che la mafia cecena e, più in generale quella caucasica, opera attivamente a Istanbul da tempo immemore, e le “rese dei conti” criminali al loro interno sarebbero abbastanza frequenti. Del resto casi di morte di vari boss criminali caucasici per mano dei loro complici e concorrenti non sono rari a Istanbul. Si tratta di una tesi – da non escludere – che però è stata più volte usata dal Fsb ceceno per allontanare da sé accuse e sospetti.

In passato, al contrario, i servizi segreti turchi hanno ripetutamente collegato l’uccisione di ex comandanti di campo e militanti ceceni a Istanbul alle attività dei servizi di sicurezza russi che avrebbero “vendicato” la loro partecipazione a bande e attacchi terroristici dei primi anni Duemila, quando la guerriglia indipendentista raggiunse il suo apice.

Uno dei primi omicidi di più alto profilo ebbe luogo nel dicembre 2008, quando l’ex signore della guerra Islam Dzhanibekov fu ucciso sulla soglia della sua casa nel quartiere Ümraniye di Istanbul. Il killer in quel caso aveva usato una pistola con il silenziatore a doppia canna “Groza”. Nel 2009, l’ex signore della guerra Musa Asayev fu anch’egli ucciso a Istanbul. A quel tempo era noto per essere un rappresentante del terrorista Doku Umarov, coinvolto nella raccolta di denaro per i militanti del radicalismo musulmano.

Infine, nel 2011, tre membri della diaspora cecena, Berg-Khazh Musayev, Rustam Altemirov e Zaurbek Amriyev, erano stati associati al terrorista Doku Umarov e successivamente erano stati uccisi sempre a Istanbul. In Russia, però i tre erano a quell’epoca ricercati in quanto sospettati di aver organizzato un attacco terroristico all’aeroporto internazionale Domodedovo nel gennaio dello stesso anno.

L'articolo Variante turca nella recrudescenza dei bagliori della Guerra Fredda 2.0 proviene da OGzero.

]]>
Navalny: il Cremlino e la Lubyanka, chi decide cosa? https://ogzero.org/il-cremlino-e-la-lubyanca-chi-decide-cosa/ Tue, 15 Dec 2020 18:13:58 +0000 http://ogzero.org/?p=2078 Chi ha avvelenato l’oppositore russo Alexey Navalny – entrato in coma il 20 agosto sul volo Tomsk-Mosca – con un agente nervino denominato dalla stampa Novichok sarebbe stato un reparto specializzato dei servizi russi. È quanto emerge dall’inchiesta condotta dai portali di giornalismo investigativo “Bellingcat” (Gran Bretagna) e “The Insiders” (Russia) con il sostegno di […]

L'articolo Navalny: il Cremlino e la Lubyanka, chi decide cosa? proviene da OGzero.

]]>
Chi ha avvelenato l’oppositore russo Alexey Navalny – entrato in coma il 20 agosto sul volo Tomsk-Mosca – con un agente nervino denominato dalla stampa Novichok sarebbe stato un reparto specializzato dei servizi russi.

È quanto emerge dall’inchiesta condotta dai portali di giornalismo investigativo “Bellingcat” (Gran Bretagna) e “The Insiders” (Russia) con il sostegno di “Der Spiegel” e la “Cnn”.

Controlli incrociati

L’inchiesta è particolarmente significativa perché si basa su una massa di prove indiziarie e di concatenazione di fatti così particolari e dettagliati da rendere l’ipotesi della semplice “casualità” assai remota. I due portali sono divenuti particolarmente autorevoli in questo tipo di vicende dopo aver già lavorato in tandem qualche tempo fa, riuscendo a dimostrare fattualmente la responsabilità di due agenti Fsb nell’avvelenamento nel 2018 dell’ex agente russo defected al MI5 Sergey Skripal a Salisbury.

Dopo aver analizzato i database relativi ai voli aerei e ai viaggi in treno (in Russia anche i viaggiatori delle ferrovie vengono registrati con il passaporto) di una serie di persone individuate come agenti Fsb, i giornalisti hanno scoperto i loro spostamenti in dozzine di città russe negli stessi giorni di Navalny sin dal 2017, a partire cioè dal momento in cui quest’ultimo aveva deciso di presentarsi come candidato alle elezioni presidenziali. I metodi e i sistemi con cui gli investigatori sono giunti a ottenere queste informazioni è molto particolare ed esigerà un approfondimento a parte perché dimostra quanto stia mutando il giornalismo d’inchiesta nell’era digitale. Tuttavia si può anticipare qui che il lavoro si è basato su un’analisi degli intrecci tra centinaia di migliaia di tabulati telefonici e dettagli relativi agli spostamenti che fornisce un quadro quasi completo dei legami tra i presunti avvelenatori e che conferma i loro legami con l’Fsb.

Gli otto agenti coinvolti nell’attentato alla vita di Navalny

Non una semplice “opposizione antisistema”

Fino a qui, per tornare al caso in questione, sarebbe possibile asserire che potrebbe trattarsi di semplice sorveglianza dell’attività di uno dei leader di quella che Putin chiama “l’opposizione antisistema”, cioè di qualunque partito o gruppo che non sieda in parlamento. Ma lo screening dei nomi degli agenti coinvolti rivela qualcos’altro. Stanislav Makshakov, Oleg Tayakin (“Tarasov”), Alexey Alexandrov (“Frolov”), Ivan Osipov (“Spiridonov”), Konstantin Kudryavtsev (“Sokolov”), Alexey Krivoshchekov, Mikhail Shvets (“Stepanov”), Vladimir Panyaev sarebbero un “gruppo di fuoco” di specialisti in attentati con armi chimiche. Il ruolo di pivot, secondo gli investigatori, è giocato da Makshakov, chiamato e messaggiato costantemente da tutti i membri del gruppo. Nel passato Makshakov aveva lavorato presso l’Istituto statale di Tecnologia di Sintesi organica, che dirigeva lo sviluppo di nuove forme di armi chimiche fino alla conclusione ufficiale di questi programmi in Russia nel 2017.

Il passo falso di Aleksandrov

In particolare durante il tour elettorale di Navalny in agosto che toccò prima Novosibirsk e poi Tomsk – due grandi città siberiane – e che si concluse con la tragedia sul volo Tomsk-Mosca, il politico fu seguito da Aleksandrov, Osipov e Panyaev. Durante tale viaggio i tre avrebbero – secondo lo studio – utilizzato schede sim usa e getta e quindi gli investigatori non hanno potuto stabilire i loro movimenti esatti. Malgrado ciò per due volte Aleksandrov ha acceso il suo telefono personale per diversi secondi geolocalizzandosi la prima volta vicino a un hotel a Novosibirsk dove la collega di Navalny, Maria Pevchikh, aveva prenotato una stanza, e una seconda volta, non lontano dall’hotel dove si trovava Navalny stesso.

Cambio di programma

Quando la mattina del 20 agosto Navalny fu salvato grazie all’atterraggio di emergenza e il ricovero a Omsk, Aleksandrov, Osipov e Panyaev non ripartirono per Mosca con i biglietti che avevano prenotato in precedenza, ma si trasferirono invece a Gorno-Altaisk, raggiunti nel contempo da Mosca da Tayakin. “The Insiders” e “Bellingcat” presumono che da lì si sarebbero recati all’Istituto per le Tecnologie chimiche ed energetiche, nella vicina Biysk, nella quale si trova anche l’Istituto di Scienze forensi dell’Fsb, al fine di sbarazzarsi degli abiti con le tracce del veleno.

Durante tutti i viaggi dal 2017 in poi, compreso l’ultimo, i membri del gruppo hanno contattato regolarmente per telefono anche il direttore dell’Istituto di Criminalistica, il colonnello generale Kirill Vasiliev e il vicedirettore del servizio tecnico e scientifico dell’Fsb, il generale Vladimir Bogdanov. Inoltre, Zhirov e Makshakov erano in contatto telefonico con Oleg Demidov, uno specialista di armi chimiche che in precedenza aveva lavorato presso il 33° Istituto militare di Shikhany, uno dei presunti luoghi in cui è stato sviluppato il Novichok.

I luoghi visitati da Navalny dal 2017 in cui è stato seguito dagli agenti dell’Fsb

Il terrorismo di stato

Contemporaneamente alla pubblicazione dell’inchiesta, Navalny – dal suo rifugio tedesco – ha messo online un film-documentario reperibile sul suo sito internet con sottotitoli in inglese, aggiungendo alcuni dettagli alla ricostruzione di “Bellingcat” e “The Insiders”. In particolare il blogger anti-Putin ritiene che l’agente nervino gli sarebbe stato somministrato in un cocktail “Negroni” servito nel bar dell’hotel Xander a Tomsk, nella tarda serata del 19 agosto. Navalny sostiene pure di aver subito un altro tentato omicidio a Kaliningrad, il 6 luglio scorso. Tuttavia la parte finale del video, dedicata alla denuncia politica del complotto ai suoi danni, quando parla apertamente di “terrorismo di stato”, è la più significativa dal punto di vista politico. «Quelli che mi hanno perseguitato non sono ficcanaso dell’Fsb che lavorano agli ordini di un oligarca o di un funzionario che ho offeso con le mie denunce. Un intero dipartimento dell’Fsb sotto la guida di alti funzionari ha condotto un’operazione per due anni, durante la quale hanno tentato più volte di uccidere me e i miei familiari ottenendo armi chimiche da un laboratorio statale segreto. Ovviamente un’operazione di questa portata e di questa durata non può essere organizzata da nessuno che non sia il capo dell’Fsb [Alexander] Bortnikov, il quale, a sua volta, non avrebbe mai osato farlo senza l’ordine di Putin», afferma Navalny. Una denuncia non nuova già lanciata dall’oppositore russo il 1° ottobre scorso (a cui aveva replicato piccato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov accusandolo di essere al servizio della Cia), quando forse aveva già in mano parte del materiale ora pubblicato dai due portali di giornalismo investigativo. Tuttavia, questa denuncia desta qualche perplessità. Quando Navalny il 9 agosto viene avvelenato – i principali laboratori europei lo hanno confermato – si stanno tenendo delle gigantesche manifestazioni e scioperi in Bielorussia contro uno dei più importanti alleati della Federazione russa: Alexander Lukashenko. Risulta difficile pensare, anche se non si può escludere, che in una tale situazione Putin, che è pur sempre un politico guardingo e per certi versi persino cauto, abbia autorizzato alcuni suoi uomini a gettare benzina sul fuoco. Seppure bisogna riconoscere che l’avvelenamento di Skrypal – la cui responsabilità del Fsb è ormai stata provata – avvenne a pochi mesi da quella grande vetrina che era per la Russia l’organizzazione in casa dei mondiali di calcio.

I servizi segreti agiscono autonomamente?

Esiste un’altra ipotesi che Navalny non sembra voler prendere in considerazione, è cioè che l’Fsb possa operare autonomamente dalla presidenza, sia un organo separato con “licenza di uccidere”, per citare un classico della letteratura della Guerra Fredda. Dentro quali dinamiche e per quali fini è in buona parte da capire, ma tutta la storia recente russa va in quella direzione. O magari forse Navalny lo intuisce ma resta schiacciato dalle necessità propagandistiche immediate? Non si può escludere, visto che non a caso nella parte finale della sua videodenuncia, parla inizialmente del fallimento dell’attentato contro di lui come un elemento del degrado del paese: «Tuttavia, nel complesso, è vero, l’operazione è fallita e di ciò ovviamente sono molto contento. Non c’è bisogno di essere sorpresi di questo. Per vent’anni, sotto la guida di Putin, tutto è stato degradato. E se Rogozin è responsabile per la cosmonautica e Chubais è responsabile delle nanotecnologie, allora come è possibile pensare che l’Fsb sia organizzato meglio? Cosa ti fa pensare che il Novichok funzionerà meglio del robot spaziale Fedor? […] Perché tutto è finito in pezzi nel paese e i funzionari pensano solo a dove rubare. Il sistema sta implodendo nel suo insieme, a tutti i livelli».

È un tradimento nazionale: l’appello alla “diserzione”

Navalny, infine, conclude rivolgersi direttamente all’apparato dei servizi segreti: «Vorrei dire qualche parola agli ufficiali dell’Fsb e alle forze dell’ordine in generale. Non vi vergognate di lavorare in questo sistema? Bene, è chiaro che vi siete trasformati in servitori di ladri e traditori. Per vent’anni Putin ha costantemente trasformato sia l’Fsb che il Ministero degli Affari interni in strutture il cui compito principale è aiutare lui e i suoi amici a rubare. E questo è l’unico progetto nazionale che è stato completato perfettamente. Il paese più ricco e con enormi risorse è diventato indigente. […] Non c’è bisogno di partecipare a questo tradimento nazionale. Coloro che sostengono Putin e il suo sistema non sono patrioti, ma traditori. Hanno tradito il popolo russo». Un appello alla “diserzione” – per ora destinato a restare probabilmente senza successo – ma che pone un quesito: quali sono oggi gli equilibri di potere tra Cremlino e Piazza della Lubyanka dove si trova il grande edificio che ospita gli uffici del Fsb?

 

Questo articolo inaugura una serie di articoli che Yurii Colombo produrrà per OGzero riguardanti i rapporti tra Vladimir Putin e i servizi segreti del suo paese, un’interpretazione dei meccanismi e delle strategie di potere che legano Cremlino e Lubyanka. Come si riflette questo rapporto sulle decisioni e sulla politica internazionale?

L'articolo Navalny: il Cremlino e la Lubyanka, chi decide cosa? proviene da OGzero.

]]>