lotta armata Archivi - OGzero https://ogzero.org/tag/lotta-armata/ geopolitica etc Tue, 05 Dec 2023 16:01:58 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.4.6 L’epilogo comune del conflitto armato filippino? https://ogzero.org/conflitto-armato-filippino-l-epilogo-comune-del/ Sat, 02 Dec 2023 01:57:49 +0000 https://ogzero.org/?p=11994 Molto interessante la segnalazione di Gianni Sartori a proposito di un processo misconosciuto dai media mainstream – e anche i portali europei più attenti alle lotte di emancipazione non registrano gli “annientamenti” mirati contro i militanti più storici di una lotta che dura da 50 anni nell’arcipelago filippino. Ci sembra particolarmente significativo descrivere il processo […]

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Molto interessante la segnalazione di Gianni Sartori a proposito di un processo misconosciuto dai media mainstream – e anche i portali europei più attenti alle lotte di emancipazione non registrano gli “annientamenti” mirati contro i militanti più storici di una lotta che dura da 50 anni nell’arcipelago filippino. Ci sembra particolarmente significativo descrivere il processo di “pacificazione” del conflitto armato filippino con la guerriglia maoista intrapreso dal potere a Manila assimilabile alle modalità in cui si stanno consumando le soluzioni dei conflitti “epocali” in tutto il mondo: il caso più macroscopico anche per quantità riguarda i palestinesi, ma l’esempio più avvicinabile è il lento stillicidio colombiano delle Farc e probabilmente un futuro curdo che si prospetta per le importanti esperienze del confederalismo democratico, così tristemente simile a un passato Tamil; parzialmente diverso è il caso birmano, dove le comunità temporaneamente alleate contro Tatmadaw sono unite da ragioni meno nobili degli altri “eserciti” di liberazione citati.
Una notazione che ci viene dalla proposta grafica che abbiamo trovato come illustrazione dell’intervento: il tratto o l’inquadratura esibiscono tutti una retorica che sembra provenire da un lontano passato che non è riuscito ad aggiornarsi e anche per questo ha perso il suo appeal sui giovani e perciò l’apparato iconografico dei trattati di pace si compiace di ritrarre vecchi esausti che riconoscono che la contrapposizione armata al potere non è una prassi in grado di portare a risultati in questa fase storica.


L’arcipelago in fiamme da mezzo secolo

Distrazione, correlazioni saltate, oppure… repressione globale?

Tra le tante guerre a (relativamente) “bassa intensità” quella che si svolge nelle Filippine non è certo tra le più conosciute o documentate. Fermo restando che sia le lotte per l’autodeterminazione (indipendentiste o meno) che le eventuali “soluzioni politiche” (dal Sudafrica all’Irlanda, dalla Colombia ai Paesi Baschi…), per quanto frutto di ragioni intrinseche (almeno quelle autentiche, non create ad hoc) dipendono anche – o soprattutto – da ben altro. In particolare dal contesto geopolitico. Per chi preferisce: il “campo” in cui schierarsi, volenti o nolenti.
Dalle Filippine, anche nell’anno in corso, sono arrivate notizie soprattutto di scontri tra militari e guerriglieri (in genere comunisti). Scontri che solitamente – stando almeno a quanto si conosce – si concludono a sfavore dei secondi.
Da segnalare poi come sempre più spesso vengano uccisi elementi di spicco (comandanti…). Un segnale di perfezionamento delle operazioni di intelligence?

Intensificazione di esecuzioni mirate

Tra gli episodi più recenti (inizio novembre 2023), la cattura a Barangay Buhisan (San Agustin) di Cristitoto Tejero, comandante in capo del Fronte di guerriglia 19 della New People’s Army – Comitato regionale del Nordest di Mindanao. Il militante maoista (57 anni) era da tempo ricercato per la sua attività guerrigliera e in particolare per l’uccisione di un militare.
Pochi giorni prima, il 26 di ottobre, un altro esponente della Bagong Hukbong Bayan (Npa) da tempo ricercato, Michael Cabayag (Ka Teddy, comandante del Fronte di guerriglia Sendong) era stato ucciso dai soldati del 10° battaglione di fanteria nel villaggio di Carmen (Misamis Occidentale). Nella stessa circostanza veniva catturato un altro militante, Armida Nabicis (Ka Yumi). Tra le armi trovate in loro possesso: un fucile M-16 Armalite, un CZ (AK-47), una carabina M653 e un lanciagranate M-203.

La mattanza di combattenti irriducibili… e “storici”
Un altro esponente di spicco della guerriglia maoista, Ray Masot Zambrano, era stato precedentemente abbattuto a Barangay Obial (Kalamansig) il 10 ottobre.
L’operazione veniva condotta dai militari della 603° brigata di fanteria. Quasi contemporaneamente un altro membro della Npa (di cui al momento non si era potuto accertare l’identità) soccombeva sulle montagne di Buneg (Lacub, Abra).

Ancora più tragico il bilancio del 29 settembre quando almeno cinque esponenti della Npa perdevano la vita nella città di Leon, provincia di Lloilo.
Tra loro la comandante Azucena Churesca Rivera (Rebecca Alifaro, conosciuta anche come Jing).
Nella guerriglia dal 1980, svolgeva funzioni di Segretaria del Fronte sud della Npa -Komiteng Rehiyon-Panay.
Altri due guerriglieri venivano uccisi da una pattuglia di polizia nei pressi dell’aeroporto di Bicol (tra i villaggi di Bascaran e Alobo).
L’ennesimo guerrigliero era deceduto qualche giorno prima a Esperanza (Agusan del Sur) e almeno sei il 21 settembre nel villaggio di Taburgon (Negros occidentale)
Rispettivamente dal 26° battaglione di fanteria e dal 47° battaglione.
I sei maoisti facevano parte del Fronte sud-ovest della NPA. Tra di loro, Alejo “Peter/Bravo” de los Reyes; Mélissa “Diana” de la Peña ; Marjon “Kenneth” Alvio ; Bobby “Recoy” Pedro e il medico Mario “Reco/Goring” Fajardo Mullon.
Quanto al sesto guerrigliero, all’epoca non era stato ancora identificato.
Oltre ad alcune armi i militari avevano recuperato molto materiale propagandistico e politico.

Ancora sei maoisti (altri sei) erano caduti in combattimento il 7 settembre nel corso di una serie di scontri a fuoco con i militari nella zona di Sitio Ilaya (provincia di Bohol) mentre, intercettati a un posto di blocco, tentavano di sganciarsi.

Invece il 20 marzo era stato un sottufficiale dell’esercito filippino a venir ucciso in un conflitto con una decina di guerriglieri della Npa nell’isola di Masbate.

Comunque un doloroso stillicidio, oltretutto senza apparente via d’uscita e che – stando ai dati ufficiali – avrebbe causato oltre 40.000 morti (in maggioranza civili) in circa mezzo secolo.
Ma recentemente, dopo che precedenti trattative si erano insabbiate, è apparso qualche segnale di possibile soluzione del conflitto. Innanzitutto l’amnistia per i ribelli in carcere e poi una dichiarazione congiunta tra il governo filippino e il National Democratic Front of the Philippines (Pambansang Demokratikong Hanay ng Pilipinas), con cui entrambi intendevano ricucire il dialogo bruscamente interrotto sei anni fa dall’allora presidente Rodrigo Duterte (ex guerrigliero maoista).
Buona parte del merito dell’iniziativa andrebbe al presidente Ferdinand Romuáldez Marcos Jr (eletto nel 2022 e che presumibilmente vuole riscattarsi dalle colpe del padre) il cui Assistente speciale Antonio Ernesto Lagdameo è stato nominato Negoziatore governativo.

Il Fronte, coalizione di una ventina di organizzazioni (tra cui, oltre alla Npa, il Communist Party of the Philippines), ne costituisce la “vetrina politica” e attualmente è guidato da Luis Jalandoni, un ex sacerdote (tra i membri anche la Christians for National Liberation da lui fondata).

Altre organizzazioni che ne fanno parte:
Moro Resistance and Liberation Organization (Mrlo), Katipunan ng Gurong Makabayan (Kaguma), Liga ng Agham para sa Bayan (Lab), Lupon ng Manananggol para sa Bayan (Lumaban), Malayang Kilusan ng Bagong Kababaihan (femministe), Revolutionary Council of Trade Unions (Rctu),Pambansang Katipunan ng Mambubukid (Pkm), Katipunan ng mga Samahang Manggagawa (Kasama), Cordillera People’s Democratic Front (Cpdf)
Un eterogeneo raggruppamento tattico di partiti, associazioni della società civile, sindacati e gruppi armati di sinistra, milizie etniche, tribali e altro che per certi aspetti può ricordare l’attuale coalizione antigovernativa del Myanmar.Se non addirittura –almeno in prospettiva, potenzialmente – la situazione del Rojava.

Le pacifiche soluzioni di Oslo

Il 23 novembre 2023 Jalandoni, rappresentante del Partito comunista, e Lagdameo, assistente di Marcos jr., hanno firmato a Oslo una dichiarazione con cui si impegnano «per una soluzione pacifica ed equa del conflitto armato» e per una “pace giusta e duratura”.

Sottolineando «la necessità di unità come nazione per fare fronte alle minacce esterne alla sicurezza», auspicando indispensabili riforme socio-economiche atte a superare l’attuale situazione alquanto disastrata (anche sotto il profilo ambientale).

Scomparse significative: residuali baluardi dissolti nel nuovo ordine globale

Forse ha indirettamente contribuito all’accelerazione del nuovo corso la recente scomparsa in esilio (nel dicembre 2022) del dirigente comunista maoista Jose Maria Sison.
E proprio per il Communist Party of the Philippines e per il suo “braccio armato” (Npa) è prevista una trasformazione in organizzazione politica (analogamente al processo che ha interessato le Farc colombiane).

 

 

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Lotte armate: il rapporto (freddo) tra il Kgb e gli “anni di piombo” https://ogzero.org/lotte-armate-e-kgb-negli-anni-di-piombo/ Mon, 07 Jun 2021 21:07:03 +0000 https://ogzero.org/?p=3773 La quarta puntata della serie dedicata da Yurii Colombo ai servizi di intelligence russi si incentra sul rapporto tra le lotte armate nel mondo e il Kgb nei cosiddetti “anni di piombo”. Anche per questo contributo è prevista una diretta streaming di approfondimento dei contenuti; in autunno, una pubblicazione in cui confluiranno testi inediti a […]

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La quarta puntata della serie dedicata da Yurii Colombo ai servizi di intelligence russi si incentra sul rapporto tra le lotte armate nel mondo e il Kgb nei cosiddetti “anni di piombo”. Anche per questo contributo è prevista una diretta streaming di approfondimento dei contenuti; in autunno, una pubblicazione in cui confluiranno testi inediti a cura dell’autore a completamento delle analisi proposte nel nostro sito in questi mesi. Presto tutti i dettagli.


Raf, Ira, Fplp

In molti si sono esercitati nel compito di verificare se tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta ci furono delle relazioni tra organizzazioni europee dell’estrema sinistra che praticavano la lotta armata e il Kgb; o addirittura potessero essere state eterodirette o controllate. Il materiale su cui tentare di capire cosa sia successo realmente resta però assai limitato se si vuole evitare ogni tipo di dietrologia o di operare solo su ipotesi fantasiose. Credibili, in buona parte, sono i materiali raccolti nel cosiddetto Archivio Mitrokhin, gli archivi della Stasi che sono stati resi disponibili da qualche anno e ben poco altro. Per quanto riguarda gli archivi sovietici, invece, questi restano ancora oggi in buona parte non disponibili ai ricercatori.

Su queste basi e su parte della memorialistica in circolazione è possibile sicuramente sostenere che per quanto riguarda la Raf tedesca (Rote Armee Fraktion, ai più conosciuta come banda Baader-Meinhof), il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina (Fplp) di George Habash (sostanzialmente l’ala marxista dell’Olp negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso) e varie organizzazioni rivoluzionarie irlandesi che praticavano il terrorismo in Gran Bretagna ci furono rapporti con i servizi sovietici – per certi significativi – ma non furono comunque mai eterodirette o controllate dal Kgb.

Né col Sessantotto, né con le BR

Per quanto riguarda le Brigate Rosse o altri gruppi italiani che praticarono la guerriglia allo stato dell’arte non si può che confermare le tesi del principale dirigente delle BR nella fase di più ampio sviluppo dell’organizzazione, Mario Moretti, che ha sempre negato qualsiasi relazione con il Kgb o comunque con servizi dei paesi dell’Est Europa.

I limitati o inesistenti rapporti tra Urss e formazioni di estrema sinistra italiana che praticavano la lotta armata avevano del resto prima di tutto un fondamento politico. Gruppi come le Brigate rosse e affini in Europa erano sorti sul mito del “foco” guerrigliero latinoamericano che era stato contrastato nettamente dai partiti comunisti sudamericani legati a Mosca da sempre su posizioni moderate (al punto di giungere in Argentina perfino a sostenere la Giunta Videla). La simpatia dei gruppi della lotta armata europea andava in primo luogo piuttosto verso il maoismo, malgrado la freddezza di Pechino per qualsiasi ipotesi di lotta armata. Tale diffidenza era condivisa da Mosca che vedeva oltretutto questi gruppi come un ricettacolo di ribelli, omosessuali e tossicodipendenti sorti sostanzialmente sull’onda della controcultura e in seguito al Sessantotto.

Tuttavia soprattutto nella fase in cui alla testa del Kgb si trovò Yuri Andropov, dei rapporti effettivamente ci furono in particolar modo con i palestinesi e gli irlandesi e, in misura minore, con i tedeschi.

Palestina libera, Palestina rosso-bruna

Il principale agente operativo sovietico nel movimento palestinese a partire dal 1968-1969 fu Wadi Haddad, che era il vice di Habash e si occupava in primo luogo di azioni di diversione in Europa. Tutti i tre dirottamenti aerei organizzati dal Fplp nel 1970 furono realizzati sotto la direzione del Kgb secondo l’ex agente Mitrokhin, una rivelazione confermata anche dal dissidente Vladimir Bukovskij, nel suo documentatissimo Gli archivi segreti di Mosca. L’autorizzazione a sostenere Haddad, documentata da una serie di minute, fu data ad Andropov direttamente dal segretario del Pcus Leonid Breznev, che diede persino l’approvazione a realizzare per mezzo del Fplp il rapimento del vice ambasciatore americano in Libano dell’epoca. Furono consegnate all’uopo dal Kgb ai palestinesi 5 lanciagranate anticarro portatili Rpg-7, 50 pistole di produzione tedesco occidentale e 5000 munizioni; 50 mitragliatrici MG-21, 5 mitragliatori automatici Sterling di fabbricazione britannica, 50 fucili automatici americani AR-16 e 5 mine oltre che una limitata quantità di danaro.

L’operazione non andò poi in porto, ma ovviamente i palestinesi si tennero armi e soldi.

 

Tripoli 1977: Yasser Arafat, Muammar Gaddafi, Nayef Hawatmeh e George Habash.

You may bill the revolutionary, but never the Revolution

Andropov si dimostrò disponibile anche a dare una mano al movimento irlandese nell’Ulster. Il 6 novembre 1969 il segretario generale del Partito comunista irlandese, Michael O’Riordan, si fece latore all’allora capo del Kgb di una richiesta diretta di armi proveniente da Seamus Costello che dirigeva l’ala marxista dell’Irish Republican Army (Ira) che poi darà vita all’Ira Officials. L’operazione aveva un aspetto politico di lotta interna all’Ira dove i marxisti ortodossi sostenevano che i futuri e più celebri Provisionals non sarebbero stati in grado di condurre la lotta armata e la ribellione dell’Irlanda del Nord in modo coerente e alle sue estreme conseguenze rivoluzionarie. Dopo molti tentennamenti, nel 1972, Andropov decise di iniziare a consegnare agli Officials partite di armi. Secondo quanto riportato da Mitrokhin, «il 21 agosto 1972, Andropov presentò i dettagli del piano Splash al Comitato Centrale del Pcus, ovvero il piano per l’operazione di una spedizione di armi agli amici irlandesi», che prevedeva la consegna da parte dei servizi russi di armi all’Ira Officials, che Mosca considerava ancora sufficientemente marxista, nella prospettiva di una scissione dell’Ira che avverrà alla fine di quell’anno. Dopo l’approvazione del Partito, i cosiddetti “specialisti tecnici” del Kgb assemblarono una spedizione composta da due mitragliatrici, 70 fucili automatici, 10 pistole Walther, 41.600 cartucce, tutte di fabbricazione non sovietica. Inoltre, le pistole Walther sono state lubrificate con olio della Germania occidentale mentre gli imballaggi sono stati raccolti da diversi punti del mondo dagli agenti del Kgb.

«Mosca non voleva che le armi venissero rintracciate come proprie nel caso fossero cadute nelle mani delle forze di sicurezza britanniche», ha raccontato Mitrokhin.

Diverse ulteriori spedizioni di armi sovietiche all’Ira Official vennero fatte via mare, probabilmente fino alla fine degli anni Settanta quando i Provisionals ebbero infine la meglio nella lotta per l’egemonia nel movimento nordirlandese.

Della Stasi era il proiettile

Il rapporto tra Kgb e Raf fu invece assai più indiretto e si realizzò essenzialmente attraverso la Stasi. Sicuramente i vertici “benedirono” le relazioni dei servizi tedesco-orientali con la Raf, e avendo dei database informativi comuni con tutti gli altri servizi del Patto di Varsavia i russi erano sicuramente a conoscenza di quanto succedeva in Germania, tuttavia restarono comunque “freddi” con la guerriglia tedesca di estrema sinistra. Alla base c’era una riluttanza dei sovietici a sviluppare relazioni con un gruppo che comunque era sorto a partire da tesi vagamente marcusiane della Raf che consideravano la classe operaia tradizionale occidentale “imborghesita” e incapace di giocare un ruolo politico rivoluzionario, una tesi che per cultura politica era estremamente lontana dall’approccio del Cremlino.

I rapporti tra Stasi e Raf si svilupparono essenzialmente dopo la catastrofe del 1977 quando tutto il gruppo dirigente del gruppo armato trovò la morte nel carcere di Stammheim e in seguito varie azioni armate non andarono a buon fine.

Grazie ai servizi tedeschi di Berlino Est negli anni Ottanta la Raf fu in grado di avere una certa ripresa organizzativa anche se in un quadro politico per possibilità di reclutamento e sviluppo dell’attività armata ormai ridotto al lumicino dopo il riflusso dei movimenti giovanili degli anni precedenti in Europa.

Come ha riportato Mitrokhin comunque la Raf fu in grado prima di spegnersi di realizzare «nell’agosto 1981 un attentato con un’autobomba al quartier generale europeo dell’aviazione americana a Ramstein, nella Germania occidentale in cui restarono ferite diciassette persone; un mese dopo, i terroristi della Raf effettuarono un attacco missilistico senza successo a Heidelberg contro l’auto del generale Frederick Kroesen».

L’attentato a Ramstein nel 1981.

Durante il biennio 1984-85, la Raf tentò anche di far saltare in aria la scuola della Nato a Oberammergau, bombardò la base aerea americana di Francoforte e attaccò i soldati americani a Wiesbaden. La Stasi fu complice nell’attentato dei rivoluzionari tedesco-occidentali alla discoteca La Belle di Berlino Ovest, favorendo il trasporto degli esplosivi che uccisero un sergente americano e una donna turca e ferirono 230 persone, tra cui una cinquantina di militari statunitensi.

La dietrologia del Pci rivoltata contro se stessa

Per quanto riguarda le Brigate rosse, non sono mai state portate prove o indizi significativi di loro rapporti né con i servizi cecoslovacchi (di cui tanto si parlò a un certo punto) né con la Stasi né tanto meno con il Kgb. Durante la commissione parlamentare di inchiesta ad hoc che si formò non emerse di fatto nulla. La commissione lavorò essenzialmente sull’archivio Mitrokhin nella sua interezza (circa 6 casse di materiali) e sulla base di audizioni, ma le informazioni che riuscì a produrre furono assai scarse: non venne alla luce più di quanto si sapesse e cioè che probabilmente tra gruppi armati europei si parlò e si era a conoscenza di alcune relazioni di alcuni di essi con i sovietici; ma per quanto si è potuto appurare fino a oggi, le BR non ebbero alcun rapporto con servizi orientali. Recentemente l’ex presidente di quella commissione Paolo Guzzanti ha sostenuto che in Ungheria ci sarebbero le prove dei rapporti tra Urss e Brigate rosse ma l’ex deputato berlusconiano non è riuscito a produrre o a farsi consegnare alcun documento a Budapest che provasse le “relazioni pericolose”.

Inoltre Antonio Selvatici ha pubblicato un libro (Chi spiava i terroristi. KGB, STASI – BR, RAF. I documenti negli archivi dei servizi segreti dell’Europa «comunista») che prometteva molto dal titolo ma è risultato assai deludente. Anzi ciò che emerge dal libro è tutto il contrario di quello che si vorrebbe provare, ovvero lo stretto legame politico ed economico che il Pci mantenne con Mosca fino al 1991, il quale a tutto era interessato meno che allo sviluppo delle formazioni armate in Italia.

Berlinguer incontra Breznev nel 1973.

Che l’approccio del Pci fosse del resto ben poco accondiscendente verso la lotta armata anche sotterraneamente lo intendevano anche i brigatisti stessi. In un ampio documento di bilancio storico della loro attività, appena pubblicato da alcuni militanti delle BR, si afferma che «già alla metà degli anni Settanta il “nucleo storico” era giunto alla conclusione che “l’intera area socialimperialista”, cioè l’Urss e i suoi alleati – e i paesi non allineati –, fosse contraria allo sviluppo sul teatro europeo di un processo rivoluzionario armato che mettesse in discussione l’equilibrio tra i due blocchi» ed evidentemente non potesse aspettarsi aiuti particolari dall’Est europeo. Ciò è confermato dall’atteggiamento completamente passivo che il Kgb ebbe durante il periodo del rapimento Moro nel 1978. Sembra che Giorgio Amendola fosse preoccupato in quel periodo che potessero emergere relazioni tra BR e servizi cecoslovacchi ma anche qui non emerse mai niente di consistente.

Ciò che era noto a tutti invece è che esisteva una fronda “filosovietica” nel Pci guidata da Armando Cossutta e sostenuta in parte dal quotidiano “Paese Sera” che come emerge dall’archivio Mitrokhin, anche attraverso il Kgb, riceveva del denaro da Mosca.

All’atto pratico però si trattò sempre di “spiccioli”: 700.000 dollari nel 1985, 600.000 dollari nel 1986 e 630.000 dollari nel 1987. La corrente berlingueriana malgrado si lamentasse di possibili interferenze del Kgb e di altri servizi segreti orientali nella sua attività (come per quanto riguarda il caso del presunto attentato a Enrico Berlinguer a Sofia nel 1973 da parte dei servizi bulgari), in realtà anche dopo la propria adesione alla Nato e la denuncia del golpe in Polonia del 1981 mantenne stretti legami con Mosca, ben più importanti di quelli che poteva vantare la corrente Cossutta.

Nel 1983 in uno dei pochi documenti affiorati dagli archivi sovietici nei primissimi anni Novanta emerge che il Pci, malgrado le divergenze con Mosca, continuava a ricevere soldi dai russi a profusione: «Richiesta degli amici italiani. Incaricare il Ministero per il commercio estero (compagno [Nikolaj] Patolicev) di vendere alla ditta Interexpo (presidente, compagno L.[uigi] Remigio), sulla base commerciale abituale, 600mila tonnellate di petrolio e 150mila tonnellate di carburante diesel a condizioni di favore tali che, abbassando il prezzo dell’1% circa e dilazionando il pagamento di tre-quattro mesi, i nostri amici possano ricavare da questa operazione commerciale attorno ai 4 milioni di dollari», è scritto in un documento del Comitato centrale del Pcus reso pubblico una ventina di anni fa. Insomma se qualcuno fu aiutato in Italia dall’Urss fu chi, come il Pci, combatté strenuamente il brigatismo e non il contrario. A volte la dietrologia può fare veramente brutti scherzi.

Se interesse ci fu in Italia da parte del Kgb, fu soprattutto in relazione al ruolo che avrebbe potuto giocare – e che giocò – la Chiesa cattolica dopo l’elezione di Giovanni Paolo II a papa nel tentare di destabilizzare la situazione nei paesi socialisti e non solo in Polonia ma anche nelle zone sovietiche a maggior insediamento cattolico come l’Ucraina, la Bielorussia e la Lituania.

Giovanni Paolo II in visita in Lituania, sulla Collina delle Croci, nel 1993.

 

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